Molte persone soffrono
di Alessitimia ovvero l'incapacità a dare un nome alle proprie emozioni. Altre,
avvertono solo la componente somatica e viscerale, ma non sanno dare un nome a
tale attivazione fisiologica e la interpretano come fosse un disturbo fisico.
Molte persone soffrono di questo disturbo secondario a deficit dello sviluppo
cognitivo, ma non lo sanno. Eppure la capacità di attribuire un significato
alle emozioni ci consente di trasformare, attraverso la simbolizzazione offerta
dal linguaggio, i vissuti emozionali incarnati nel soma ad un livello
presimbolico , in contenuti coscienti regolabili e modulabili dal soggetto. La
vita emotiva di molte persone e' così piatta e vuota proprio perché sono i
sentimenti il 'sale' della vita.
Tutti i problemi
esistenziali nonché le nevrosi, le ansie e le depressioni sono caratterizzate
da questo deficit di simbolizzazione presente in modo più o meno marcato. Non
di rado le persone dissociano le proprie emozioni dolorose e intollerabili fino
a vivere un annichilente e penoso sentimento di vuoto e di "Non
realtà". Qualche volta questa totale anaffettività è all'origine di
comportamenti autolesivi per sopperire con il dolore a quei sentimenti di vuoto
e di annichilente irrealtà. Il dolore fisico ha il 'vantaggio' di richiamarci
alla realtà.
In altri casi siamo
investiti da una rabbia intensa che si può manifestare in improvvisi 'scoppi di
collera'. Una rabbia che sentiamo non appartenerci e della cui veemenza siamo i
primi a stupirci. Di solito il soggetto esclama:"Non ci ho visto più"
oppure "Non so cosa mi è successo". E in effetti è proprio così: si è
investiti dalla 'forza vulcanica dell'emozione',incapaci di autoregolarci e
modulare la sua espressione. Di solito si liquida il problema attribuendolo ad
un tratto innato:"Sono fatto così,nonposdofarci nulla". Anche se a
pagare i danni di tale inopinata esplosione sono, spesso, i propri figli, la
propria moglie o il malcapitato di turno, fino a sfasciare mobili e le suppelletili
di casa. Vivere nell'incomprensibilità dei propri stati emotivi significa
essere esposti ad una intensità ed una frequenza di 'scoppi di collera' che
comunque aumentano il già precario senso di sicurezza e di instabilità
personale. È un pò come non sentirsi padroni in casa propria. In altri casi, la
disregolazione delle proprie emozioni ci espone a inspiegabili vissuti di
depressione tanto profondi proprio perchè, non conoscendone la causa, non
riusciamo neanche a modularne l'intensità fino a sentircene sopraffatti. Lo
stesso si può dire del fenomeno sempre più dilagante dell'ansia in cui o non
riusciamo ad individuarne il motivo o perché la attribuiamo, erroneamente, a
cause incongrue.
A questo punto come
cominciare a liberarsi di questi vissuti invalidanti che ci rendono, sempre più
spesso, la vita impossibile e, comunque, sono di ostacolo ad una vita vissuta
in modo pieno e appagante. Tutte queste emozioni abnormi e decontestualizzate
sono l'equivalente 'nevrotico' delle rispettive emozioni normali. La sofferenza
nevrotica è più intensa di una sofferenza normale proprio perché non riusciamo
a 'nominarla' e 'contenerla'. Un'altra
via che i nostri conflitti interni possono prendere è quella sempre più diffusa
dei 'disturbi psicosomatici'. Si tratta di problemi fisici che non riconoscono
una base organica, ma hanno un'origine psicogena. Ci troviamo di fronte alla
conversione somatica di conflitti psichici per cui 'fa meno male' un dolore
fisico che un dolore mentale. Il fatto è che non è possibile regolare e modulare
qualcosa di cui non conosciamo nè il vero motivo nè, molte volte, il
significato. Sebbene le emozioni possano essere distorte nel loro significato
dall'ambiente nel quale cresciamo, esse non perdono il loro 'significato
evoluzionistico'. Un'emozione può essere distorta sia rispetto alla sua 'causa
di attivazione' sia rispetto alla sua 'qualità esperienziale'. Gli psicofarmaci
possono aiutarci da un punto di vista sintomatico e per breve tempo. Ma la
soluzione definitiva è il lavoro su di sé accompagnati da uno psicoterapeuta
che ascolti e 'com-prenda' il paziente nel suo cammino di 'ritorno a casa'.
Ho notato che non poche
persone sembrano crogiolarsi delle proprie ansie e depressioni. È questo il
'vantaggio secondario' del sintomo nevrotico. Perché mai molte persone non
intraprendano un percorso di 'librazione' è ormai noto; si tratta di mantenere
intatta l'idealizzazione della propria infanzia e dei propri genitori. Solo la
verità ci rende davvero liberi. Ma in molti casi non vogliamo sapere e cercare
'per paura di trovare'. Dovremo abbandonare le nostre 'difese' come la
rimozione e la proiezione e anche quelle più primitive come la scissione e la
dissociazione. Certo, chi inizia un percorso di conoscenza di Sè e della
propria storia personale deve sapere che, spesso, si troverà ad avere a che
fare con un dolore grande e a volte intollerabile. Ma l'obiettivo finale vale
senz'altro la pena: sicurezza, stabilità, benessere e relazioni sociali più
appaganti. Ciò può comportare l'abbandono di 'antiche certezze' per fare spazio
a nuove e più funzionali e adeguati significati relativi a sè stesso, agli
altri e al mondo.
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