Già alla fine degli anni cinquanta del secolo scorso, uno psicologo, un linguista ed un neurofisiologo (Miller, Pribram e Galanter) misero in evidenza, in un loro famoso libro("Piani e strutture del comportamento", 1960), l'esistenza di una sorta di "fase di latenza" del cervello nel tempo che intercorre tra uno stimolo in entrata ed una risposta, dal momento che lo stimolo in entrata viene valutato in base allo scopo da perseguire. In questo testo si faceva, per questo, riferimento all'unità "T.O.T.E:": text operate, text exit. In altre parole, si metteva in evidenza come la mente umana lavorasse simultaneamente su due piani: sul piano dei processi e su quello del controllo di tali processi. Dopo circa dieci anni, alla fine degli anni sessanta, Bowlby (1969) assumendo un approccio atto ad integrare le allora recenti acquisizioni nel campo della cibernetica, della teoria dell'informazione e del controllo nonché dell'etologia e