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Visualizzazione dei post da gennaio, 2018

EMOZIONE E MOTIVAZIONE: DUE FACCE DI UNA STESSA MEDAGLIA

Già alla fine degli anni cinquanta  del secolo scorso, uno psicologo, un linguista ed un neurofisiologo (Miller, Pribram e Galanter) misero in evidenza, in un loro famoso libro("Piani e strutture del comportamento", 1960), l'esistenza di una sorta di "fase di latenza" del cervello nel tempo che intercorre tra uno stimolo in entrata ed una risposta, dal momento che lo stimolo in entrata viene valutato in base allo scopo da perseguire. In questo testo si faceva, per questo, riferimento all'unità "T.O.T.E:": text operate, text exit. In altre parole, si metteva in evidenza come la mente umana lavorasse simultaneamente su due piani: sul piano dei processi e su quello del controllo di tali processi. Dopo circa dieci anni, alla fine degli anni sessanta, Bowlby (1969) assumendo un approccio atto ad integrare le allora recenti acquisizioni nel campo della cibernetica, della teoria dell'informazione e del controllo nonché dell'etologia e

LA RELAZIONE DI ATTACCAMENTO

La relazione madre-bambino è detta 'primaria' perché non è solo la 'prima esperienza' che il bambino fa del suo 'essere in mezzo agli altri', ma anche perché queste stesse relazioni saranno alla base di tutte le successive relazioni dell'adulto, ex bambino. Ecco perché l'infanzia è sempre stata considerata la 'culla' di ogni uomo. La relazione primaria è detta 'relazione di attaccamento' dal momento che si costituisce, per via innata, per la soddisfazione dei bisogni del bambino di essere accudito e delle madre di dare accudimento. In questo senso il piacere di essere accudito da parte del bambino e il piacere della madre di prendersene cura sono 'reciproci' e complementari. La teoria dell'attaccamento di John Bowlby è una teoria scientifica dello sviluppo affettivo perché validata da studi empirici e sperimentali decennali nonché da evidenze cliniche. Nei termini della teoria dell'attaccamento(T.d.A.), Il genitore è

IL PREZZO DELLE NOSTRE DIFESE: IL BAMBINO MALTRATTATO

Siamo giustamente indignati se un adulto viene maltrattato o traumatizzato da un suo coetaneo. Stupri, violenze e prevaricazioni ai danni di persone adulte suscitano il nostro giusto raccapriccio e la nostra riprovazione. Ma non succede lo stesso quando la vittima è un bambino. O meglio: l’orrore è pubblicamente ostentato, ma nel privato i nostri bambini continuano a fare da comodo contenitore delle nostre peggiori pulsioni. Il fatto è che al di là di ‘rispettabili apparenze’ i bambini continuano ad essere vittimizzati proprio nei contesti in cui dovrebbero essere protetti. Le persone che reagiscono con stupore e disapprovazione di fronte ai casi più eclatanti di cronaca nera che vedono, loro malgrado, i bambini vittime di abusi, sono le stesse che, chiuso l’uscio di casa, diventano ‘normalmente maltrattanti’ nei confronti dei figli. Come se ci fosse una sorta di ‘quantità modica’ di maltrattamenti che possa essere normalmente tollerata ed accettata. L’importante è non esagerar

PERCHÉ LA VIOLENZA?

Non ho alcuna intenzione di aggiungere materiale su materiale, parole su parole e bla, bla, bla. Sono già troppi i dibattiti e le tavole rotonde improvvisate intorno ai casi di cronaca più eclatanti e che suscitano l'interesse 'morboso' del pubblico. Si tengono tanti dibattiti e tavole rotonde dedicati al tema della violenza sui media e i social dove invitati sono i cosiddetti esperti del settore come sociologi, psicologi, psichiatri, ecc. Sembrano essere così pieni di informazioni e di conoscenze utili, In realtà, si limitano alla descrizione dettagliata dei fatti di cronaca nera per soddisfare la curiosità degli ascoltatori che è, poi, l'unico interesse che queste trasmissioni hanno: soddisfare le nostre istanze pulsionali e farci sentire al sicuro e al riparo da quella linea sottile che separa la 'nostra' normalità dalla 'loro' follia. Se poi si deve proprio investigare sulle cause 'scientifiche' della aggressività umana, allora si danno

IL MITO DEL PECCATO ORIGINALE

Vi chiederete che cosa c’entri il peccato originale, così come ci è stato insegnato, con i maltrattamenti e gli abusi al bambino, tema di cui mi occupo in questo blog. Ebbene, fin dalla nascita, ogni cristiano-cattolico che si rispetti deve battezzare il proprio figlio per cancellargli lo “stigma” del peccato originale. Quale sarebbe questo peccato di cui si è macchiato il proprio figlio, un neonato. Bisogna, a questo punto, sintetizzare qualche elemento di teologia cristiano-cattolica. Stando ad essa il peccato originale sarebbe dovuto a quel comportamento ingrato di prevaricazione che Adamo ed Eva, proto creature, hanno commesso nei confronti del loro Dio (padre) il quale, preso dallo sdegno, li caccia dal paradiso terrestre. E pensare che il ‘Padre’ li aveva avvertiti preventivamente, ingiungendo loro di non toccare i frutti di quell’ albero. Posta la questione in questi termini il padre si è risentito del comportamento dei suoi figli i quali avrebbero avuto l’ardire e la prete

LA TEORIA DELL’ATTACCAMENTO

Dal momento che sono le prime relazioni di attaccamento a strutturare la personalità futura del bambino risulta essere molto importante comprendere la natura e le dinamiche intersoggettive di questo legame prototipico che si proporrà come ‘matrice’ e ‘modello’ per le successive relazioni sociali. La relazione di attaccamento è posta al servizio dei bisogni e delle aspettative di cura, conforto e aiuto del bambino. Una madre attenta sa ‘sintonizzarsi’ sulle richieste affettive del figlio. E’ un po’ come fargli da ‘specchio’, uno specchio in cui il bambino deve poter vedere riflesso se stesso e i suoi bisogni. Purtroppo, nei casi di attaccamento insicuro, capita che in questo metaforico ‘specchio interattivo’ il bambino non veda riflesso se stesso, ma la propria madre e i suoi bisogni narcisistici di cure, dominio e controllo. La relazione di attaccamento consente di ‘regolare’ le attivazioni interne del bambino. Gli studiosi dell’attaccamento hanno potuto osservare che il bambino,

(DIS)ONORA IL PADRE E LA MADRE

“Onora il padre e la madre", così recita il quarto comandamento. Ma a nessuno sembra incredibile che un fatto così naturale e ovvio, l'amore per i propri genitori, debba essere oggetto di un "comandamento". Forse l'estensore delle tavole della legge aveva qualche motivo recondito per raccomandare agli uomini di onorare i propri genitori? Credo proprio di si, vediamo perché. Quando mi recavo, a causa dI un'insonnia ostinata presso questo o quello specialista mi accompagnava mia madre. Questi "consolavano" lei per i suoi tanti sacrifici che ostentava(fin troppo) e "curavano" me. Fino a quando le cose sono andate così, mia madre mi ha "sostenuto" poiché la sua "immagine" non era in discussione. Si metteva l'accento solo sui miei "atteggiamenti sbagliati". Ma quando, per mia fortuna, ho conosciuto lo psicoterapeuta "giusto" che non aveva nulla da nascondere a sè stesso, che non temeva le &qu

LE INFANZIE INFELICI E I LORO EFFETTI SULLA SOCIETA'

Purtroppo non passa giorno che i rotocalchi quotidiani e i nuovi media non ci propongono storie di (stra)ordinaria follia che hanno per protagonisti stupratori, killer seriali, masochisti, alcolisti, depressi, tossicodipendenti e chi più ne ha più ne metta. Ma c’è un ‘fil Rouge’ che lega tutti questi personaggi: una comune infanzia rimossa e negata. In realtà questi disturbi, sebbene molto eterogenei tra loro, hanno un unico, denominatore: un’infanzia infelice caratterizzata dall’ insensibilità dei genitori a sintonizzarsi con i bisogni e le aspettative di rispetto e accettazione del bambino. Infatti i disturbi della sfera psichica, dai più seri a quelli più comuni nonché quei sentimenti di cronica insoddisfazione, di sottile infelicità, e di generale inquietudine trovano tutti la stessa origine nelle relazioni primarie del bambino con i suoi caregivers. Ciò non stupisce affatto, sebbene siano in molti a ‘giurare’ di avere avuto un’infanzia serena e perfetta. Se vi capitasse

L' ATTACCAMENTO DISORGANIZZATO (DA)

L'attaccamento disorganizzato è molto più' frequentemente correlato alla psicopatologia in generale e a quella borderline e dissociativa in particolare rispetto agli altri pattern di attaccamento. In effetti rispetto ai pattern di attaccamento sicuro e insicuro(evitante e resistente/ambivalente) in cui le strategie comportamentali appaiono essere organizzate e coerenti, sia nella dimensione della sicurezza che in quella della insicurezza, in questo caso è improprio parlare di un vero 'pattern'(o modello) di attaccamento data la stessa disorganizzazione dell'attaccamento nei bambini così classificati alla "Strange situation procedure"(SSP). Si può dire che la caratteristica relazionale de questa diade madre/bambino siano la mancanza assoluta di sintonia( disattunement) e la paura. Infatti la madre nel relazionarsi con il suo bambino sembra essere assorbita in ricordi relativi a lutti e traumi non elaborati che, appartenendo ad un passato relazionale, s

IL SENTIMENTO DI COLPA CRONICO E PATOLOGICO NON E' UMANO

Ci sono molte persone che vivono un sentimento di colpa profondo come fosse una fatalità ineluttabile. Come se fosse intrinseco alla loro stessa condizione di esseri umani. Nel peggiore dei casi ci si sente in colpa di ogni evento dannoso, magari di un terremoto in Azerbaijan o dell'ultimo caso di cronaca nera. Altre, invece, tradiscono nel loro linguaggio, intercalato da  "scuse" non richieste, lo stesso problema. Sembra quasi che costoro esprimano con le loro convinzioni e nei loro comportamenti "la colpa di esistere". Molte di queste persone pensano che è del tutto ovvio e scontato ciò che 'sentono' e 'pensano' e non lo vivono neanche come un problema. E' evidente che si tratti di un senso si colpa pervasivo, spesso parossistico, che il soggetto stesso può anche vivere come 'egodistonico'. Cioè riconosce la sua irrazionalità, ma "è più forte di me", si sente spesso dire. Il sentimento di colpa di cui stiamo parlando è

IL PROBLEMA DEL GIUDIZIO DEGLI ALTRI

Che a tutti faccia piacere sentirsi apprezzati e approvati è umano. E' certamente desiderabile che gli altri ci valutino in termini positivi. Siamo esseri sociali e le relazioni e l’intersoggettività costituiscono la matrice dalla quale ogni essere umano co-costruisce se stesso egli altri. Tuttavia quello che è un fatto 'desiderabile' quando diviene un 'bisogno assoluto', una sorta di imperativo interno inderogabile, ci rende infelici perché diventiamo dipendenti e non in grado di sostenere un nostra opinione, se non se non condivisa dagli altri. In tal modo perdiamo la gioia di essere noi stessi perché sottomessi e proni al bisogno di approvazione e di accettazione degli altri. Tenere in considerazione il giudizio degli altri per ritenersi capaci e amabili è come dire: "E' più importante ciò che tu pensi di me che quanto io penso di me stesso". Ma se facciamo 'scendere' l'altro sulla terra ponendolo sul nostro stesso piano il suo giud

PERCHÉ' SI DEVONO AMARE I BAMBINI?

Può sembrare una domanda 'scontata', ovvia. Un pleonasmo. Ma non è così, purtroppo. Tutti dicono di 'amare' i bambini anche se può scapparci uno scappellotto e se il piccolo 'frigna' sempre. Del resto non è infrequente incontrare adulti, troppo spesso, infelici, disturbati, distruttivi, autodistruttivi o dipendenti. Bambini spaventati e iperattivi, adolescenti depressi ed insoddisfatti e adulti infelici ci dicono che il bambino non è stato amato e riconosciuto come egli prevedeva e desiderava. Ma le sequele del 'mal-trattamento' del bambino sono assai più vaste e concernono lo smarrimento di Sè, la perdita di senso, la formazione di convinzioni irrazionali ed egocentriche, autoritarismi, violenze e distruttività. Comportamenti compulsivi e autodistruttivi, perversioni, ecc. Fatta questa premessa si può comprendere quanto sia importante amare i bambini. Il fatto è che dovrebbe essere naturale amarli perchè i sistemi motivazionali sono reciproci nel

NATALE: QUANDO ESSERE FELICI DIVENTA UN DOVERE

Il Natale è per definizione il momento della gioia, della condivisione e degli affetti. E' bello ritrovarsi a tavola con parenti ed amici e condividere l'allegria e il piacere di raccontarsi in un clima di convivialità e di festa. Magari non ci si vedeva da tanto tempo! E allora, quale migliore occasione: è Natale! Il fatto è che è davvero bello vivere il Natale purché siamo nelle migliori disposizioni interiori per godercelo fin nelle sue più' "fanciullesche" sfumature. In fondo con il Natale si ritorna tutti un po' bambini e bastava un albero illuminati a lasciarci a 'bocca aperta' e stupefatti. Ma cosa accade quando lo 'Stato interno' proprio non si coniuga con l' atmosfera di gioia, di luci e di allegria che ci circonda? Cosa accade quando sentiamo che in noi c’è "un qualcosa che non va", qualcosa che ci impedisce di 'sintonizzarci' con quell'atmosfera gioiosa rispetto alla quale ci sentiamo come "un pesce