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(DIS)ONORA IL PADRE E LA MADRE



“Onora il padre e la madre", così recita il quarto comandamento. Ma a nessuno sembra incredibile che un fatto così naturale e ovvio, l'amore per i propri genitori, debba essere oggetto di un "comandamento". Forse l'estensore delle tavole della legge aveva qualche motivo recondito per raccomandare agli uomini di onorare i propri genitori? Credo proprio di si, vediamo perché.
Quando mi recavo, a causa dI un'insonnia ostinata presso questo o quello specialista mi accompagnava mia madre. Questi "consolavano" lei per i suoi tanti sacrifici che ostentava(fin troppo) e "curavano" me. Fino a quando le cose sono andate così, mia madre mi ha "sostenuto" poiché la sua "immagine" non era in discussione. Si metteva l'accento solo sui miei "atteggiamenti sbagliati".
Ma quando, per mia fortuna, ho conosciuto lo psicoterapeuta "giusto" che non aveva nulla da nascondere a sè stesso, che non temeva le "verità indicibili" dell'infanzia, allora mia madre ha smesso di accompagnarmi, mi ha più volte imposto di abbandonare anche questo terapeuta, e, infine, non mi ha più aiutato a pagare le sedute poiché, a suo dire, "il terapeuta mi metteva contro di lei". E va bene. Le difese sono processi inconsapevoli e lei non ne era immune. Ma il punto non sta tutto qui. Infatti ritengo che, la sofferenza non elaborata, venga perpetrata a danno delle generazioni successive per cui si può dire che molti genitori sbagliano in modo più o meno inconsapevole. Certo e purché "mostrino un minimo di comprensione" per la sofferenza del figlio se questo atteggiamento serve al recupero del suo benessere. Ma mia madre è un'eccezione a tutto ciò. Lei, tutt'ora, si mostra insensibile alla mia sofferenza, negando tutto il male che mi ha fatto. Io sono per lei il bugiardo, il cattivo, e altri epiteti irripetibili, ma intuibili. Il fatto è che i genitori sono perfettamente "consapevoli" di avere di fronte una "personcina" inerme, indifesa, che vive della loro idealizzazione, pronto ad assumersi tutto il "pattume emotivo" che questi gli caricano addosso, pronto a dimenticare e perdonare(per sopravvivere a tanto dolore). Il genitore "SA" che ha davanti a sè un essere(pardon,un "oggetto") disponibile per dare libero sfogo, impunemente, alle loro frustrazioni. Ricordo ancora il sorriso beffardo di mia madre di fronte alle mie proteste per le vessazioni cui ero fatto oggetto, come, quando e dove voleva. Ricordo di essere scappato di casa per sfuggire alle "cure" di mia madre presa dai suoi 'accessi di collera'. Insomma, "mia mamma non m'ama", non mi ha mai amato, mi duole doverlo ammettere, ma esistono delle mamme "cattive". Ecco l'ostinazione attuale con cui lei nega di avermi fatto del male, attribuendo tutti i miei mali a mie "carenze intrinseche", alla mia "innata cattiveria" fa si che non meriti il mio per-dono semplicemente perchè...non me lo ha chiesto e neppure adombrato. Lei minimizza e nega decisamente oltre ad evitare il discorso. Allora, dico di dar voce al vero "silenzio degli innocenti"(prendendo a prestito il titolo di un famoso film) perchè si sappia che ogni bambino maltrattato è un vero crimine commesso ai danni dell'umanità poiché questo bambino, oltre ad essere infelice, potrebbe a sua volta "ri-produrre" gli stessi schemi "educativi"(?)


Allora, ritornando all'interrogativo sulla "bontà" del quarto comandamento penso che la sua ragione di esistere stia nella necessità di mantenere "rimosse" le nostre sofferenze, nel timore e nell'angoscia che ci assalirebbero se mettessimo in discussione la "validità" dei loro comportamenti. Ecco a cosa serve il quarto comandamento: mantenere la "cecità", salvaguardando l'immagine idealizzata dei nostri genitori, mettendoci al riparo dal timore della loro ritorsione. Tuttavia il prezzo di questa "cecità emotiva" è sotto gli occhi di tutti così come i danni provocati dal quarto comandamento. Non sto dicendo che i genitori non vadano mai perdonati, ma sostengo che, di fronte a certi comportamenti che denotano "indifferenza" verso l'adulto, ex bambino, osservare a oltranza il quarto comandamento è "INSANO". Come mai se un adulto viene ingiustamente maltrattato ci indigniamo giustamente, mentre se è un bambino ad essere maltrattato riteniamo che, in fondo, sia normale: è sempre stato così! Un commento tanto diffuso quanto disgraziato è il seguente: "anche io ho ricevuto botte e qualche ceffone eppure non sono diventato pazzo o nevrotico". Non vi sembra che siamo presi da un inconsapevole bisogno di rimuovere le sofferenza che ci hanno inferto?

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