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IL TRAUMA RELAZIONALE DELLO SVILUPPO E L'ATTACCAMENTO DISORGANIZZATO






Quando ben 27 anni fa ricevevo la prima diagnosi psichiatrica la comunità scientifica non poteva immaginare che io fossi affetto da un disturbo post-traumatico da stress dello sviluppo. Del resto non venivo da una guerra né ero un reduce del Vietnam. Ero un ragazzo appartenente alla media piccola borghesia cosa mai potevo aver subito di così traumatico in una famiglia modello come la mia? Che la famiglia potesse essere la “culla egli orrori” era una cosa che poteva essere; quindi non può essere ciò che non deve essere. Quando nel 1895 Freud scrisse la sua “Seduzione sessuale infantile” aveva individuato negli abusi sessuali reali la causa dell' isteria. Ma la comunità scientifica del tempo non accettò questa etiologia avanzata da Freud e questi, temendo anche l' ostracismo dei suoi, appena un anni dopo ritrattò quanto aveva asserito e propose la teoria delle pulsioni per cui è il bambino che, agito da innate tendenze distruttive e sessuali, provocava i malcapitati genitori. Mi piace definire la condizione in cui si è venuto a trovare Freud come “la solitudine dello scopritore”. Ha avuto così inizio una collusione tra psicoanalisi e religione cristiana che volevano il bambino “cattivo” dalla nascita e latore di un presunto “peccato originale”. Dopo più di cento anni e le nuove scoperte fatte nel campo della psicologia dello sviluppo, grazie anche alle pionieristiche teorie di Bowlby, le cose sono solo “apparentemente” cambiate. Vediamo perché.
Siamo abituati a pensare al trauma come ad un evento, per quanto grave, isolato. Ma non è così. Che cosa è un trauma? Il trauma è un evento eccessivo e soverchiante le capacità di “coping” del soggetto che percepisce tutta la propria impotenza e incapacità nel fronteggiare la minaccia o il pericolo. Qualcuno ha ben definito il trauma come “Il dolore degli impotenti”(J. Hermann, 1992). I traumi possono essere di origine “ambientale” e, in un certo senso sono “previsti” dalla natura e quindi più facili da mentalizzare, e di tipo “relazionale” in cui un individuo minaccia e mette in pericolo la stessa sopravvivenza di un suo conspecifico. Sono quelli più difficili da elaborare poiché vanno ad incrinare “la fiducia fondamentale” del bambino rispetto alla sua figura di attaccamento(f.d.a.) che dovrebbe, al contrario, prendersi cura di lui. Tuttavia esistono anche i “traumi relazionali dello sviluppo” o “traumi cumulativi” che, meno eclatanti e “volutamente latenti” si ripetono per tutta la fase dello sviluppo del bambino e che sono causati da “disturbi della relazione affettiva tra la madre e il bambino” che sono meglio comprensibili come “Disturbi  che hanno la caratteristica di ripetersi nel corso dello sviluppo con effetti cumulativi. Sebbene le teorizzazioni psicoanalitiche abbiano avuto la meglio nella comprensione delle nevrosi e delle sofferenze dell' adulto, non sono mancate isolate “ voci dissidenti” che hanno denunciato la realtà dei traumi a scapito della loro origine “ fantastica”. Vogliamo ricordare il volume di Masson, “Assalto alla verità”; quello di Schatzmann, “La famiglia che uccide” nonché i saggi di Alice Miller di cui ricordiamo “Il bambino inascoltato” e “La persecuzione del bambino”. Con la teoria dell'attaccamento dello psicoanalista inglese John Bowlby, un approccio originale e multidisciplinare allo sviluppo del bambino che si è avvalso di apporti nel campo dell' etologia, della psicologia cognitiva, della teoria dell' informazione e della cibernetica. Con il termine di Attaccamento si fa riferimento ad un SMI organizzato al raggiungimento di una mèta o “scopo stabilito”. La mèta del sistema è il raggiungimento della vicinanza affettiva e protettiva on una “figura affettiva preferita” detta figura  attaccamento (f.d.a.), cioè una figura individuata dal bambino come “più forte e/o più saggia” fonte di sostegno e aiuto nei momenti di bisogno e di vulnerabilità affettiva e/ o fisica, Se il comportamento del bambino è motivato dal comportamento di attaccamento, quello materno è motivato dal suo SMI reciproco, quello dall'accudimento della prole che è fondamentale per strutturare un radicato sentimento di appartenenza e la fiducia e la sicurezza in Sé e negli altri. La reciprocità comportamentale è motivo di piacere e gioia per entrambi e membri della relazione poiché implicano un'azione complementare come la chiave che si adatta solo alla sua serratura o come una molecola che si lega solo al suo recettore. Trascurando i vari esiti di un attaccamento insicuro, prendiamo in esame solo il “pattern” di attaccamento insicuro disorganizzato/disorientato che possiamo definire come “attaccamento traumatico” per l‘ atmosfera di “paura relazionale” da cui è caratterizzato e di drammatica percezione di impotenza del bambino. Mentre i pattern di Attaccamento insicuro-evitante ed insicuro-resistente consentono al bambino di mantenere una buona organizzazione( poiché in qualche modo è raggiunta la mèta dell' attaccamento), l' attaccamento disorientato si caratterizza per l' incoerenza dei comportamenti che appaiono essere in contraddizione tra loro. Per esempio, il bambino al ricongiungimento con la madre può andarle incontro con la testa girata indietro oppure avere lo sguardo perso nel vuoto o, ancora, cadere per terra. Questa incoerenza e disorganizzazione dei comportamenti ci mostra la condizione drammatica di “paura senza sbocco”(fear without solution) che caratterizza il bambino nell' interazione con un genitore che è, si, la figura a cui rivolgersi in caso di pericolo e minaccia percepita, ma è, nello stesso tempo, anche la fonte del pericolo e della minaccia. Il bambino si trova così di fronte ad un paradosso irrisolvibile: la figura di attaccamento che dovrebbe essere fonte di sicurezza e protezione è anche la causa di questa stessa minaccia e pericolo. Il comportamento del bambino si disorganizza perché è motivato da due sistemi comportamentali attivati dalla stessa persona(f.d.a.) che sono: il Sistema di difesa che spinge il bambino ad allontanarsi dal pericolo(la f.d.a., di solito la madre)  e  SMI dell' attaccamento che lo spinge ad avvicinarsi alla madre per ricercare aiuto e protezione. Si tratta della paradossale “coesistenza” di due comportamenti tra loro incompatibili che provocano la disorganizzazione del comportamento del bambino che, in tal modo, è posto di fronte ad una “Paura senza sbocco” che dev' essere molto simile ad un attacco di panico con la differenza che il bambino non può dire che ha un attacco di panico. Una f.d.a. può spaventare il piccolo poiché è spaventate  sia perché è immersa nel ricordo dissociato di lutti e traumi non elaborati oppure perché è ostile e maltrattante. Inoltre ‘alterazione dello stato di coscienza nel genitore provoca una contestuale dissociazione nel bambino perché si trova di fronte a molteplici e contraddittorie rappresentazioni di Sé-con-l ‘altro. È la molteplicità rappresentativa ad indurre la dissociazione nel bambino piuttosto che essere quest' ultima una reazione di tipo difensivo. Quindi bambino si trova di fronte ad uno “Shock inevitabile” perché non può scappare né può rivolgersi ad altri per essere protetto. È totalmente in balìa della f.d.a. e dal terrore che questa gli suscita. È impotente. Dal momento che queste modalità relazionali si ripetono nel corso dello sviluppo non è difficile arguire che il bambino sarà sottoposto a periodiche traumatizzazioni che si cumuleranno nel corso del tempo, dando vita a un disturbo da stress post- traumatico dello sviluppo(DPTS).
Malgrado queste conoscenze “scientificamente” acquisite, la società nel suo complesso reagisce opponendo forti resistenze alla “realtà degli attaccamenti traumatici” di cui sono vittime i bambini in famiglie rispettabili. Siamo di fronte ad una epidemia latente che ai più conviene( inconsapevolmente) nascondere sotto il tappeto delle difese dal dolore e dell' idealizzazione dei propri genitori. È necessario andare al di là delle rispettabili apparenze perché la cecità emotiva genera i mostri che affollano la cronaca nera  quotidiana e provoca comportamenti distruttivi ed autodistruttivi, nevrosi, psicosi ed infelicità.


E non bastano le preghiere del santo padre il quale non è interessato alle cause relazionali dell' infelicità, poiché, come tutti gli ideali, anche le religioni offrono “surrogati” e non “soluzioni”.

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