Passa ai contenuti principali

LA DISSOCIAZIONE E I DISTURBI DISSOCIATIVI



Numerose osservazioni cliniche hanno dimostrato, al di là di ogni ragionevole dubbio, l'esistenza di una correlazione diretta tra trauma e dissociazione. Il trauma psicologico si caratterizza per un assoluto sentimento di impotenza di fronte  ad un evento fisico e/o relazionale che viene percepito come soverchiante ed eccessivo rispetto alle proprie capacità di farvi fronte. Dal punto di vista dell teoria dell'attaccamento il trauma  si configura “come la rottura dei legami affiliativi”(Van der Kolk, 2005) che vanno a lacerare quella fiducia essenziale che il bambino pone nella sua figura di accudimento che possiede un valore biologico di sopravvivenza. La rottura di questo legame affettivo fondamentale comporta la distruzione del senso di ordine e continuità dell’ esistenza proprio perché viene meno il punto di riferimento imprescindibile per la stessa sopravvivenza del bambino. Sotto questo aspetto le sequele del trauma relazionale possono essere ben più serie e gravi di un trauma ‘fisico/ambientale’. Questo accenno al trauma psicologico, che esula dal presente articolo, ci dà la possibilità di introdurre il concetto di dissociazione. Infatti l’impatto emotivo di un’esperienza traumatica può essere così devastante che l’organismo si difende in modo automatico attraverso reazioni difensive primarie che hanno come effetto immediato la mancata integrazione del sistema limbico, la parte più antica del cervello, con la corteccia cerebrale. Questa “disconnessione” limbico/corticale prende il nome di dissociazione. Infatti uno dei sintomi da stress post-traumatico è la disregolazione delle emozioni mediata dal SNA sia nella sua componente “simpatica”(iperattivazione) che in quella “parasimpatica”(ipoattivazione) per far fronte alle veementi emozioni dell’attaccamento che mettono in allerta tutto l’organismo. Quindi il trauma dello sviluppo può portare a deficit dell’integrazione delle memorie traumatiche che provocano dissociazione. Così la dissociazione, come sostenuto anche da Liotti, non è una difesa che l’Io utilizza per difendersi da eventi intollerabili, anche se è stato utile, da un punto di vista clinico, considerarla in questi termini. Essa sembra essere piuttosto l’espressione di un ostacolo, o di un deficit dell’integrazione ai centri corticali delle informazioni sensoriali, emotive, immaginative che restano ad un livello ‘pre-simbolico’ o ‘sotto-corticale’. Pertanto esse si sono arrestate ad un livello pre-cognitivo di elaborazione caratterizzato da ‘frammenti’ di informazioni che non hanno potuto raggiungere la corteccia in un senso coeso e coerente di Sé. Gli studi cominciano a suggerire che i ricordi di eventi traumatici sono immagazzinati nella memoria del soggetto in modo diverso rispetto ai ricordi quotidiani. Essi si ripropongono cioè nella vita del soggetto sotto forma di intrusione, in quanto le caratteristiche degli stimoli(trigger) di eventi traumatici sono strettamente legate alle caratteristiche della risposta difensiva sperimentata al momento dell' evento traumatico (paura, freezing, panico…) che si inscrive anche nel corpo, in quanto manifestazione somatica della reazione di difesa. I soggetti traumatizzati continuano a sperimentare la risposta originaria, basata sulla paura, quando si confrontano con determinati stimoli(trigger) che gli fanno “rivivere” l' evento vissuto nel passato”. E’ proprio la mancata integrazione alla memoria e ai centri corticali superiori, questo deficit di integrazione di tipo “bottom/up”, che consente a tali esperienze traumatiche di essere “rivissute” anziché “ricordate” e il soggetto se ne sente in balia perché non li può organizzare e modulare “dall’alto”, dai centri corticali superiori. Li può solo percepire come fenomeni intrusivi ed egodistonici. Il deficit di integrazione ci dice che il materiale dissociato non è mai stato cosciente. E’ appunto questo deficit o ostacolo delle funzioni integrative della memoria-coscienza che rende frammentario il ‘ricordo’ del trauma, se non del tutto inaccessibile. Si ricordi che il deficit integrativo è dovuto al carattere dirompente delle emozioni traumatiche che hanno provocato una disconnessione limbico/corticale. Il sistema limbico, sede delle emozioni, contiene attivazioni neurovegetative veementi di cui la corteccia è all'oscuro e dalle quali essa stessa è spaventata, potendosi innescare una reazione di difesa con una conseguente disregolazione emotiva sia nel senso di una iperattivazione mediata dal sistema simpatico che di una ipoattivazione mediata dal sistema parasimpatico dorso-vagale. Si comprende che le memorie traumatiche sono presenti in “nuclei dissociati”(frammenti di Sé) di immagini, flashbacks, emozioni dirompenti, sensazioni e percezioni che si rifanno all'esperienza traumatica. Alla più nota “dissociazione psicologica” che ‘divide’ l’Io nei suoi vari “Sé” o “parti dissociative”, si aggiunge  anche una dissociazione “somatoforme” che consiste nell'esclusione dalla coscienza di tutte quelle reazioni somatoviscerali connesse sia alle veementi emozioni dell’attaccamento che alle reazioni di difesa. Pertanto può accadere di essere esposti ad un ‘evento traumatico’ dissociato rispetto al quale la corteccia reagisce spaventandosi con l’immediata attivazione automatica di reazioni di difesa del tipo Flight/fight/freezing/faint. Il soggetto si ritrova “ricacciato verso il basso”, cioè verso un "funzionamento pre-corticale", più arcaico, primitivo e pulsionale senza potersene rendere conto. Fin qui la dissociazione. Invece, i disturbi dissociativi sembrano essere gli effetti a lungo termine, le sequele, di un DPTS cronicizzatosi. In altre parole i disturbi dissociativi sono dovuti alla non integrazione delle “memorie pre-simboliche” che possono attivarsi in modo automatico o utilizzate in risposta a situazioni stressanti o a stimoli(trigger) che ricordano le esperienze traumatiche originarie. Va da se che il ricorso eccessivo alla dissociazione non fa che aggravare la mancata integrazione dei centri sub-corticali alla corteccia. Le memorie traumatiche possono essere attivate non solo da stimoli esterni(trigger) che hanno la capacità di evocare risposte e reazioni difensive al trauma pregresso, ma le stesse memorie traumatiche costituiscono uno ‘stimolo interno’ che può attivarsi anche senza una previa attivazione ambientale. E’ evidente che il passato traumatico fa vivere il soggetto un “eterno presente” di allarme e allerta poiché “il sistema limbico non ha né tempo né luogo”(Cicia) ed il soggetto vive in uno stato di stress cronico e di minaccia pervasiva. I disturbi dissociativi-diretta espressione della frammentazione del senso di coesione di Sé- sono classificati in: fenomeni da “detachement” (distacco) e i fenomeni da “compartmentalization” (compartimentazione). I primi corrispondono alle esperienze di distacco da Sé e dalla realtà, qui troviamo sintomi come depersonalizzazione, derealizzazione, anestesia emotiva, dejavu, esperienze di autoscopia (OBE). Queste esperienze sono tipicamente attivate da emozioni veementi provocate da esperienze minacciose estreme. I secondi emergono invece dalla compartimentazione(frammentazione) di funzioni normalmente integrate come la memoria, l’ identità, lo schema e l’immagine corporea, il controllo delle emozioni e corrispondono a sintomi come le amnesie dissociative, l’emersione delle memorie traumatiche, la dissociazione somatoforme (che dà origine a sintomi da conversione, dolori psicogeni acuti e dismorfofobie), deficit del controllo delle emozioni e dell’unità dell’identità fino ad arrivare al più eclatante disturbo dissociativo dell’identità(DID). Diversamente dai sintomi di distacco che possono essere esperiti da chiunque in situazioni estreme(come emozioni dirompenti), i sintomi da compartimentazione sono, tipicamente, effetti dello sviluppo traumatico e vanno ad alterare la struttura stessa della personalità dell’individuo.
Bibliografia:
-Liotti- Le discontinuità della coscienza- Ed. Francoangeli(1993)
- AA.VV.- Stress traumatico- Ed. Ma.gi(2004)
- AA. VV.- Fantasmi nel Sé- Ed. Cortina(2006)
-Liotti-Farina- Sviluppi traumatici- Ed. Cortina(2011)
- AA.VV. – L’impatto del trauma infantile sulla salute e sulla malattia- Ed. Fioriti(2012)
- Miti – I disturbi dissociativi- Ed. Corbaccio(2013)
-Van der Kolk- Il corpo accusa il colpo-      “     (2014)
- Attaccamento traumatico: il ritorno alla sicurezza- Ed. Fioriti(2016)


Commenti

Post popolari in questo blog

TEORIA DELLA MENTE, METACOGNIZIONE E ATTACCAMENTO

E' stata ampiamente dimostrata una stretta correlazione tra i concetti, quasi sovrapponibili, di TdM (teoria della mente), metacognizione e mentalizzazione e disturbi delle prime relazioni di attaccamento. In altre parole, fatta eccezione per l'autismo per cui è stata dimostrata una causa neurobiologica, questi deficit cognitivi e metacognitivi sono dipendenti dal contesto interpersonale di sviluppo. Vediamo da vicino di chiarire cosa si intende con le definizioni summenzionate. Mi piace partire dal concetto di "Egocentrismo cognitivo" coniato da Jean Piaget in base al quale il bambino piccolo "non riesce ad assumere i punti di vista degli altri" e assume se stesso come 'punto di riferimento' cognitivo ed affettivo. Infatti, in ambito cognitivista, l'egocentrismo cognitivo del bambino ha sostituito il concetto di 'narcisismo primario' di derivazione psicoanalitica. Ci sono stati poi gli studi sulla Teoria della mente(TdM) che hanno m

L' ATTACCAMENTO DISORGANIZZATO (DA)

L'attaccamento disorganizzato è molto più' frequentemente correlato alla psicopatologia in generale e a quella borderline e dissociativa in particolare rispetto agli altri pattern di attaccamento. In effetti rispetto ai pattern di attaccamento sicuro e insicuro(evitante e resistente/ambivalente) in cui le strategie comportamentali appaiono essere organizzate e coerenti, sia nella dimensione della sicurezza che in quella della insicurezza, in questo caso è improprio parlare di un vero 'pattern'(o modello) di attaccamento data la stessa disorganizzazione dell'attaccamento nei bambini così classificati alla "Strange situation procedure"(SSP). Si può dire che la caratteristica relazionale de questa diade madre/bambino siano la mancanza assoluta di sintonia( disattunement) e la paura. Infatti la madre nel relazionarsi con il suo bambino sembra essere assorbita in ricordi relativi a lutti e traumi non elaborati che, appartenendo ad un passato relazionale, s

UNA BASE SICURA

In questo articolo mi propongo di illustrare il concetto di "base sicura" come emerge dalla relazione primaria tra madre e figura di attaccamento(F.d.A.). La relazione di attaccamento è quella che caratterizza le relazioni tra madre-bambino e, considerato il grande lasso di tempo di cui il bambino ha bisogno per svilupparsi nonché la sua conseguente prolungata dipendenza dalla madre, si capisce quanto sia importante questo legame di attaccamento e la sua "qualità' nella relazione. E' proprio vero che l'uomo nasce come "prole inetta" nel senso che il suo periodo di "gestazione evolutiva" è molto lungo. Basti pensare che il piccolo del lemure impiega solo poche ore perché sia fisicamente indipendente dalla madre. Un così lungo periodo di "dipendenza relazionale" se possiede l'indubbio vantaggio di acquisire competenze in modo graduale, mette anche al centro l'importanza e la "qualità" della relazione diadica m