Non ho alcuna intenzione
di aggiungere materiale su materiale, parole su parole e bla, bla, bla. Sono
già troppi i dibattiti e le tavole rotonde improvvisate intorno ai casi di
cronaca più eclatanti e che suscitano l'interesse 'morboso' del pubblico. Si
tengono tanti dibattiti e tavole rotonde dedicati al tema della violenza sui
media e i social dove invitati sono i cosiddetti esperti del settore come
sociologi, psicologi, psichiatri, ecc. Sembrano essere così pieni di
informazioni e di conoscenze utili, In realtà, si limitano alla descrizione
dettagliata dei fatti di cronaca nera per soddisfare la curiosità degli
ascoltatori che è, poi, l'unico interesse che queste trasmissioni hanno:
soddisfare le nostre istanze pulsionali e farci sentire al sicuro e al riparo
da quella linea sottile che separa la 'nostra' normalità dalla 'loro' follia.
Se poi si deve proprio investigare sulle cause 'scientifiche' della
aggressività umana, allora si danno per scontate anacronistiche posizioni
innatiste e pulsionali che non sono affatto distanti dalle teorie freudiane di
tipo pulsionale, aggressive e sessuali che albergherebbero in noi dalla nascita
e che la società, ovvero il Super-Io, deve cercare in ogni modo di arginare per
assicurare la sopravvivenza, la socialità e la civiltà. In altre parole i
genitori, posti di fronte alla culla, si troverebbero a che fare con un
'piccolo tiranno' da cui estirpare la ‘gramigna’ del male. Questa concezione,
ormai obsoleta e scientificamente insostenibile, ben si accorda con la dottrina
cristiana del ‘peccato originale’ e della necessità della nostra salvezza. La
chiesa cattolica, nello specifico, è l’istituzione culturale più longeva e
fonda il suo essere nel mondo proprio sul ‘comando divino’ di portare a Dio le
pecorelle smarrite. Essa ha bisogno di queste pecorelle: altrimenti ‘chi’
dovrebbe salvare? Numerosi sono gli studi e le teorie scientifiche(come la
teoria dell’attaccamento) che mettono in evidenza la natura funzionale della
rabbia e la possibilità che questa possa trasformarsi in aggressività disfunzionale
se non espressa perché non riconosciuta né condivisa dall'ambiente in cui
cresciamo. Infatti la rabbia è dovuta sia alla frustrazione che alla mancata
realizzazione di una previsione o aspettativa. Insomma: non ci sono scusanti:
l’aggressività intraspecifica è sempre funzionale al ristabilimento di un
equilibrio messo in crisi dalla relazione affettiva. L’aggressività predatoria,
interspecifica, può essere anche distruttiva. Che ci piaccia o no la violenza
umana non è innata.
Tuttavia i sostenitori
del carattere innato della violenza umana non sono pochi. Perché? Perché tanta
ostinazione nel non voler riconoscere la natura sociale dell’aggressività,
puntando a sostenere il suo carattere distruttivo? Certo, l’aggressività è
umana, fa parte della nostra natura, ma ciò che è chiaramente
antievoluzionistico sarebbe la presenza di una innata tendenza ad aggredire
l’altro della propria specie. La sopravvivenza stessa dell’uomo sarebbe messa a
rischio. La spiegazione è una, forse non indolore, e sicuramente difficile da
accettare: la violenza dell’adulto non è che la pregressa rabbia rimossa del
bambino ferito. Fino a quando non vorremo riconoscere l’origine della violenza
nelle relazioni affettive precoci che hanno informato la personalità dell’adulto,
ex bambino, avremo voglia di disquisire, fare elucubrazioni profonde e disamine
ineccepibili. Ci sono anche fior di professionisti che, rifacendosi, per dirne
una, alle teorie junghiane, credono che il ‘male’(l’ombra) sia l’altra parte
‘archetipica’ del bene e che sarebbe inscritto già in noi dalla nascita. Sia
chiaro: l’estensore di quest’articolo non ha intenzione di prevaricare le
teorie degli altri. Ci mancherebbe! Nondimeno mi corre l’obbligo di denunciare
un fatto tanto incontrovertibile quanto misconosciuto, sottaciuto o, nel
migliore dei casi, minimizzato: Il maltrattamento (troppo spesso negato) del
bambino è causa dell’infelicità umana. Ma, come ho detto, non è facile
accettare la realtà del maltrattamento e dell’abuso all'infanzia quando sul banco
degli imputati ci sono proprio le figure affettive più care, più significative:
i nostri amabili genitori. E’ la necessità di negare questo ‘fatto’(che lo
stesso Freud aveva derubricato a fantasia aggressiva del bambino) è evidente
nelle posizioni e nei comportamenti degli adulti posti di fronte a questa
obiezione. Si va dal nostrano “mazze e panelle fanno i figli belli”
all'esclamazione del tipo: “certo che ho avuto schiaffi. Ma non sono mica
diventato un assassino?” Certo, fortunatamente, molti di noi non arrivano a
esempi da ‘cronaca nera’ e quindi pensiamo di essere ‘normali’ anche se non
riescono a spiegarsi quei piccoli disturbi di ansia, piccole o grandi fobie,
stati depressivi più o meno latenti, inspiegabili ‘vuoti’, piccole manie e
compulsioni che, se è vero che non ci portano a gesti inconsulti o a disturbi
manifesti, ci rendono perennemente insoddisfatti e infelici. E minano il nostro
benessere. Siamo convinti che ‘siamo fatti così’ e che è il ‘nostro carattere’.
Insomma, siamo imbottiti di stereotipi e modi di dire. Tutto questo pur di
salvare i propri ‘cari’, mantenendone l’idealizzazione. Ognuno è libero di
decidere di vivere la propria vita come meglio crede(anche se questa pretesa
libertà è una mera illusione), se non fosse per il fatto che a pagare il prezzo
della propria ‘cecità’ sono proprio gli esseri più indifesi e deboli: i nostri
bambini. E’ un dato di fatto: i propri modelli relazionali verranno trasmessi
ai nostri figli che pagheranno in termini di infelicità, assenza di benessere,
nevrosi e quant'altro.
Vi siete mai chiesti
perché un uomo tranquillo, un onesto lavoratore, una persona ‘normale’
all'improvviso si trasformi in un freddo assassino per poi sentirci dire: “non
ci ho visto più” oppure “non so cosa mi è preso”. Ecco come un ‘uomo
tranquillo’, magari il vicino della porta accanto, si possa trasformare in un
‘lucido assassino’.
Ma fino a quando i
nostri figli dovranno essere ‘sacrificati’ all'altare delle nostre ‘difese’ per
poi generare un’umanità sofferente, infelice e insoddisfatta fino ad arrivare
ai disturbi mentali più seri e, all'estremo, a gravi fatti di sangue pronti a
‘nutrire’ i giornali di ‘cronaca nera’?
Pensiamoci. In fin dei
conti ne va del nostro personale benessere e di quello dei nostri figli. Non
limitiamoci ad 'esistere', ma 'viviamo' la nostra vita in modo pieno. Infatti
una maggiore consapevolezza di Sé ci rende persone più serene e meglio disposte
alle relazioni affettive e sociali in genere.
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